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Anteo Edizioni – Le frontiere incandescenti dell’Eurasia

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Le frontiere incandescenti dell’Eurasia, la nuova pubblicazione di Anteo Edizioni. La prefazione di Raimondo Caria, Generale di Divisione della Riserva dell’Esercito Italiano.

Nella migliore tradizione intellettuale russa si colloca quest’opera illuminante e rigorosa del grande Leonid Savin. Analisi esaustiva e al contempo sintetica delle poderose e complesse problematiche geostrategiche fronteggiate dalla Federazione Russa, lungo tutte le sue “frontiere” – definite ed indefinite – in un tempo di accelerata evoluzione geopolitica globale.

«Fase storica iniziata alla caduta dell’URSS, con il collasso del bipolarismo, immediatamente ed intensamente sfruttato dalla finanza transnazionale anglosassone, con l’espressione di sofisticate diffuse logiche di potere che puntano prioritariamente a cancellare cultura e identità, prevaricare la residua valenza politica del Mondo Occidentale, sottomettere l’Europa ed estendere il proprio dominio globalizzante, innanzitutto sulla Federazione Russa, “obiettivo simbolo sinergico”. Una Russia da infiltrare ed “indebolire in modo permanente ed irrevocabile”, privandola delle storiche aree di influenza, dei minerali strategici, delle fonti energetiche».[1]

Quella che Leonid mette a disposizione è una preziosa prospettiva sulle attuali incandescenti dinamiche russe di “frontiera”; da considerare con attenzione per avvicinarsi alla corretta interpretazione dei fenoameni globali di frizione strategica per la loro soluzione diplomatica, la convivenza pacifica in Europa ed il necessario sviluppo positivo dei rapporti con Mosca.

Nell’interesse dell’Europa continentale – e dell’Italia in particolare – la lettura non può prescindere da un’onesta autocritica, riconoscendo che l’Occidente ha vanificato il delicato processo di pace avviato con coraggiosi impegni diplomatico-politici maturati, già negli anni ’70, con la Ostpolitik di Willy Brandt e, negli ’80, in parallelo con Perestrojka, Glasnost ed Uskorenie.

Con tutta evidenza Stati Uniti e Gran Bretagna (i loro deep state) temono la naturale sinergia di Russia e Germania e, certo, deve essere risultata definitivamente allarmante, il 25 settembre 2001 al Bundestag, l’allocuzione di Putin, il quale, con franchezza e pragmatismo, richiamava lo storico complesso rapporto politico, culturale e commerciale russo-tedesco e la possibilità di combinarne i potenziali:

«Nessuno dubita del grande valore del rapporto dell’Europa con gli Stati Uniti. Ma credo che l’Europa rafforzerà la sua reputazione di centro potente e indipendente della politica mondiale a lungo termine solo se unirà il proprio potenziale con le risorse umane, territoriali e naturali della Russia, nonché con il potenziale economico, culturale e di difesa della Russia».[2]

I positivi rapporti con l’Occidente apparivano precursori di straordinarie possibilità di intesa che trovarono la loro formalizzazione il 28 maggio 2002, con l’accordo di Pratica di Mare, per l’inclusione della Federazione Russa nel Consiglio della NATO. Sarà poi la politica estera espansiva degli USA – in particolare l’allargamento della NATO ad Est, le pesanti interferenze in Ucraina e l’emergere del suo perverso Nuovo Ordine Mondiale (NWO) – a stroncare ogni illusione di pace e progresso nell’Europa continentale ed a spingere il Pendolo di Mosca ad Oriente.

Un Nuovo Ordine Mondiale che appare fenomeno dominante ineluttabile, di matrice tecnocratico-finanziaria, diffuso a livello planetario, di antica concezione oligarchica, ancora oggi protetto dalla cortina nebbiogena di un suadente e pervasivo soft power con originali sfrontate strategie di persuasione e controllo.

Pervasiva cortina nebbiogena soft power che ha velato formidabili indirizzi hard power imperialisti USA – già evidenti nel secolo scorso[3] – ed i loro capisaldi strategici, rappresentati essenzialmente da:

  1. Defense Policy Guidance (Linee guida per la Politica di Difesa)[4] – 1992 – di Paul Wolfowitz, allora sottosegretario alla Difesa dell’amministrazione di George H.W. Bush, che tra l’altro afferma: «La nostra politica deve concentrarsi ora sull’impedire l’emergere di un qualsiasi potenziale futuro concorrente globale».
  2. The Grand Chessboard (La grande scacchiera)[5] – 1997 – che delinea la strategia USA per l’Eurasia, da mantenere sotto assedio, per assicurare il ruolo unipolare degli Stati Uniti nel XXI Secolo – di Zbigniew Brzezinski – autore di Between two Ages, the technotronic era, bibbia del NWO;
  3. Rebuilding America’s Defences Strategy, Forces and Resources For a New Century – 2000 – di Thomas Donnelly, Donald Kagan e Gary Schmitt [6] – ove, a pagina 60, si legge testualmente: «And advanced forms of biological warfare that can “target” specific genotypes may transform biological warfare from the realm of terror to a politically useful tool».

Pur riconoscendo con pragmatismo le ineluttabili tensioni/esondazioni della “logica di potere” – relative alle distinte strutture identitarie imperialiste dei principali attori in campo globale – la ricerca della verità, la corretta percezione della realtà, l’individuazione ed il rispetto delle peculiari prospettive, sono premessa concettuale indispensabile alla definizione dei rapporti umani, culturali e politici tra le nazioni.

L’impeccabile ed esaustiva analisi geopolitica di Leonid Savin considera l’intero spettro delle minacce alle “frontiere” – secondo la sua originale metodologia omnicomprensiva multidimensionale Cremlino-centrica, caratterizzata dal peculiare atteggiamento storico imperial-difensivo russo – prendendo in esame, tra l’altro, oltre ai conflitti e le frizioni interstatali, la lotta per le zone di influenza, lo spazio esterno (il cosmo), le ideologie, le biotecnologie.

Per meglio comprendere la prospettiva geopolitica del Cremlino e la “valenza esistenziale” delle frontiere russe è necessario un immaginario slittamento di 2.000 chilometri ad Est del nostro centro prospettico; in Mosca, al centro della cosiddetta Russia Europea.

Centrarsi in Mosca significa iniziare a percepire l’essenza di nuove straordinarie realtà connesse all’Europa occidentale, ma specificamente slave. Occorre riconoscere di esserci solo addentrati nell’immenso territorio del paese più esteso al mondo. Siamo appena nel Bassopiano Sarmatico e gli Urali – confine ideale tra Europa ed Asia – si trovano 1.400 chilometri più ad Est. Più avanti, fino all’Estremo Oriente, si apre la sterminata Siberia, almeno cinque volte la Russia Europea, fino al Pacifico e allo Stretto di Bering. La Russia non è solo Mosca!

Le considerazioni geografiche sono essenziali per comprendere il moto della storia dei popoli. In Russia la correlazione è intensa e pregnante, sia per l’estensione del territorio, sia per la sua natura poderosa, sia per la posizione geografica e, conseguentemente, per il suo clima. L’immenso territorio, di massima pianeggiante, è coperto da neve e ghiaccio in media per sei mesi l’anno ed è indispensabile valutarne le conseguenze sullo stile di vita e sull’identità profonda del popolo.

In un territorio privo di difese naturali, nelle steppe, il vero elemento difensivo è costituito dallo spazio che separa la capitale dalle frontiere: il valore dello spazio moltiplicato per lo specifico fattore incrementale rappresentato dai rigori del clima. È necessario, perciò, il possesso di tutto il territorio possibile, allontanare sempre più le frontiere dalla capitale per garantire sicurezza e pace.

È così che – da secoli, dalla Russia di Kiev – l’imperativo strategico è rappresentato dall’esigenza di conquista di nuovo spazio, fino al collasso della società, dissanguata dal crescendo geometrico dell’impegno militare[7]. Percezione del pericolo e strategia di sicurezza che hanno dato origine alla particolare «struttura identitaria russa, di carattere imperiale che solo oggi mostra i primi segni di lento cambiamento» (Professor Ilja Levin)[8]. Uno spazio che assolutamente non deve essere conosciuto dallo straniero, perché ogni straniero è un possibile nemico, in armonia con il senso di gelosia sacrale dei russi per la loro terra. Specularmente l’altro imperativo è spiare il territorio esterno, lo straniero, il nemico. Lo spionaggio è perciò elevato al rango di culto primordiale per la salvaguardia della sacra terra russa e la sopravvivenza dello Stato.

Inoltre, afferma Riasanovsky: «Il problema dell’amministrazione di enormi distese, la necessità di mantenere unite le varie parti, di coordinare attività ed iniziative locali, sono sempre stati compiti di straordinaria difficoltà per i detentori del potere, si trattasse di Ivan il Terribile, di Nicola I o di Stalin; e la varietà delle popolazioni della grande pianura non poteva non rendere tanto più acuti problemi come quello della centralizzazione della federazione. È pertanto apprezzabile, se non accettabile, l’opinione (preminente durante l’Illuminismo ma presente anche in altri periodi) di quei pensatori che istituivano un collegamento diretto fra il sistema di governo di un paese e le sue dimensioni e affermavano essere il dispotismo la naturale forma di gestione della Russia».[9] 

Nell’approccio alla Russia è d’apparente aiuto, a noi italiani, la comune sensibilità artistica e spirituale. Senza averla mai visitata pensiamo di poterne comprendere l’anima euro-asiatica ascoltando Sherazade di Rimskij-Korsakov, l’intensità vitale dello spirito “slavo-barbaro” in La Sagra della Primavera di Stravinskij, il suo profondo misticismo contemplando La Trinità di Rublov e coglierne il soffio di permanente fatalismo leggendo Delitto e castigo di Dostoevskij.

Difficile non esserne coinvolti dall’empatia, ma la realtà russa è molto più densa, complessa e forte. È perciò doveroso, soprattutto per noi italiani, affrontare con umiltà e serio impegno speculativo – grazie anche alla ricchezza di riferimenti – l’approfondimento della rigorosa analisi di Leonid Savin, per coglierne lo stimolo prezioso ad affrontare insieme, con onestà intellettuale e coraggio, l’attuale discriminante tempo di evoluzione geopolitica globale, facendo leva su valori ed interessi comuni per la difesa dell’Umanità dall’esondazione imperiale del Nuovo Ordine Mondiale anglosassone, caratterizzato da totalitarismo tecnocratico-finanziario tendente al transumanesimo.

Raimondo Caria

Generale di Divisione della Riserva dell’Esercito Italiano[10]

Per acquistare il libro: Le frontiere incandescenti dell’Eurasia

Note

[1]Tratto da La Matrioska di Pandora ed il Nuovo Ordine Mondiale – Nexus il 19 settembre 2022: https://nexusedizioni.it/it/CT/la-matrioska-di-pandora-ed-il-nuovo-ordine-mondiale-6223/

[2]https://www.bundestag.de/parlament/geschichte/gastredner/putin/putin_wort-244966

[3]«The primordial interest of the United States, over which for centuries we have fought wars– the First, the Second and Cold Wars– has been the relationship between Germany and Russia, because united there, they’re the only force that could threaten us. And to make sure that that doesn’t happen.» George Friedman, STRATFOR CEO at The Chicago Council on Foreign Affairs.

[4]https://nsarchive2.gwu.edu/nukevault/ebb245/doc03_full.pdf

[5]https://www.cia.gov/library/abbottabad-compound/36/36669B7894E857AC4F3445 EA646BFFE1_Zbigniew_Brzezinski_-_The_Grand_ChessBoard.doc.pdf

[6]http://resistir.info/livros/rebuilding_americas_defenses.pdf

[7]Il sistema d’equazioni concatenate che ha ispirato la strategia di sicurezza russa è stato infatti: sopravvivenza = conquista di spazio; esigenza di conquista = armata poderosa; armata sempre più numerosa = stato sempre più forte e, ineluttabilmente, società sempre più debole, in un tragico crescendo di potere centralizzato, privazioni e dolore.

[8]Tratto da Una svolta epocale nella struttura identitaria imperialista russa, intervista al Professor Ilja Levin del maggio 2003, pubblicata da Futuribili e da Franco Angeli: «Una struttura identitaria che solo oggi manifesta i primi segnali di un lento cambiamento, ma non illudetevi, si tratta di processi lentissimi… stiamo assistendo ad un processo di “pragmatizzazione della mentalità russa”, ovvero ad un processo che dimostra che i russi starebbero diventando come tutti gli altri. Cioè, da una “nazione imperiale”, tra parentesi ovviamente, starebbero diventando una “normale nazione civile”. Noi russi certamente apparteniamo alla civiltà europea anche se la nostra cultura, la nostra etnocultura è molto diversa in moltissimi punti, anche importanti, da quella dell’Europa occidentale. È inutile nascondere la testa sotto la sabbia. Comunque, siamo su questa via di cambiamento genetico di codici culturali». Professor Ilja Levin, Presidente dell’Associazione Culturale per gli Scambi e la Cooperazione con l’Italia, Professore alla Facoltà di Rapporti Internazionali dell’Università di Relazioni Internazionali di Mosca, Senior researcher all’Istituto per gli studi sull’Economia Mondiale e le Relazioni Internazionali dell’Accademia delle Scienze Russa, primo traduttore delle opere di Gramsci in lingua russa. https://www.francoangeli.it/rivista/getArticoloFree/36510/It

[9]Storia della Russia (1963), di Nicholas V. Riasanovsky.

[10]Raimondo Carìa, Generale di Divisione della Riserva dell’Esercito Italiano, proviene dai corsi regolari dell’Accademia di Modena, ha frequentato la Scuola di Guerra ed i Corsi Superiori di Stato Maggiore in Italia e Spagna. Ha operato in reparti operativi e nel Servizio di Stato Maggiore – a livello regionale, centrale nazionale e NATO – nei settori operazioni, informazioni, guerra psicologica, guerra elettronica, forze speciali. È stato Addetto Militare (Addetto per la Difesa e per l’Esercito) – dal 1998 al 2001 – presso l’Ambasciata d’Italia in Mosca, con responsabilità su Federazione Russa, Bielorussia, Kazakistan, Uzbekistan, Tajikistan, Turkmenistan e Georgia. Presentate le dimissioni dall’EI, al termine del mandato triennale a Mosca, si dedica occasionalmente a ricerca ed analisi in Russia, Cecenia, Iraq, RD del Congo, pubblicando per Panorama, La Stampa, Limes, Futuribili, Testimonianze, Radio RAI, Radio-Televisione Svizzera Italiana, Nexus.

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