A colloquio con Andrea Marcigliano, uno dei protagonisti della diciottesima edizione del workshop del Nodo di Gordio.
Lo abbiamo ospitato a gennaio scorso per una sua coraggiosa e condivisibile revisione di Bettino Craxi, a ventuno anni dalla scomparsa dello statista. Saggista e scrittore, Andrea Marcigliano, che interverrà nella diciottesima edizione del workshop di Nodo di Gordio (di cui è Senior Fellow) e Vox Populi, in programma dal 23 al 25 luglio, è un osservatore acuto e lo accogliamo per questa intervista (tradotta anche in inglese) di ampio respiro sul Mundus Furiosus.
Biden eredita un Impero stanco di essere il guardiano del mondo. Come giudica l’inizio del suo mandato?
“Biden è un uomo di paglia piazzato dai poteri forti che mal sopportavano Donald Trump, un presidente che sfuggiva agli schemi e alle logiche delle due grandi oligarchie americane, democratica e repubblicana. Trump è un populista e si è inserito nel filone del populismo a stelle strisce che, contrariamente all’Europa, ha una lunga tradizione. Adesso le élite si sono reimpossessate del potere con un uomo di paglia che ha favorito tutti i conflitti che hanno visto impegnati gli USA negli ultimi anni. Di Biden, politico di lunga data, ricordo un progetto, quando era ancora lucido, di divisione dell’Iraq in tre zone: un Kurdistan indipendente, uno stato sunnita al centro sotto l’egida statunitense, uno stato sciita più periferico e assorbito nell’orbita d’influenza dell’Iran. Il progetto è rimasto lettera morta sia perché l’area sunnita è quella più povera sia perché l’influenza dell’Iran sugli sciiti è molto forte, debordante. Non a caso, e dalle nostre parti non lo dice quasi nessuno, la riconquista di Falluja si deve alle truppe iraniane, non a quelle irachene. Alla testa delle truppe c’era Qasem Soleimani…”
Quindi Biden è l’uomo giusto?
“Le già citate élite volevano dapprima la Harris ma non avrebbe avuto possibilità contro Trump. Biden sta riprendendo la politica USA dopo l’interregno di quattro anni. Dovrà ricominciare la politica del caos, tipica delle potenze talassocratiche, marittime come gli USA, che non hanno interesse ad un controllo stabile del territorio.
L’obiettivo è controllare le coste e mantenere aperte le rotte commerciali, preferiscono non impegnarsi sulla terraferma. È stata la politica di Atene, in parte di Roma, di Bisanzio come ci ha spiegato Luttwak.
Non dobbiamo misconoscere, però, l’efficacia del soft power. Non è l’America dell’ubriacatura clintoniana ma la penetrazione del suo modello culturale, del consumismo, in Italia come in Africa e nel mondo è elevata e rimarrà elevata. Faccio un esempio. In Nigeria la presenza cinese è debordante sul piano economico e a questo si deve anche la crescita del paese, dove la manodopera costa ancor meno che in Cina. Le classi dirigenti nigeriane, però, studiano a Londra e negli Stati Uniti ed entrano in contatto con la ruling class anglosassone”.
La discontinuità con Trump è chiara. Il tycoon aveva tentato una pur parziale ricomposizione del puzzle mediorientale con gli Accordi di Abramo, aveva rotto e poi ricomposto con la Corea, aveva buoni rapporti con Putin.
“Trump è essenzialmente un mercante ed è stato fautore di una politica mercantile che per funzionare ha bisogno di accordi, di stabilità, di buone relazioni. Pensiamo alla Corea del Nord. Fino ad un certo punto ha alzato la tensione e poi è uscita la foto di Kim e Donald insieme. Tra i due si è instaurata una trattativa di tipo commerciale e alla fine i nordcoreani si fidavano di Trump, di Biden no. Non è da escludere che avrebbe tentato una qualche ricomposizione anche con l’Iran. Del resto, l’uccisione di Soleimani, che avrebbe potuto realisticamente diventare presidente, ha favorito i centri di potere iraniani”.
Più che nel Medioriente l’attenzione degli USA si è spostata verso l’Indo-Pacifico.
“Gli Stati Uniti rimangono il paese con l’apparato militare più importante, più strutturato al mondo. Il budget per le spese militari è da capogiro. Adesso la Cina, dopo aver impostato per decenni l’esercito sulla leva di massa, sta predisponendo un esercito ad alto carattere tecnologico, dotato di truppe d’élite. La Cina, per quanto grande, è rimasta sempre una potenza continentale e comunque confinata nel suo territorio. Ciò che preoccupa gli USA, come detto potenza talassocratica, sono le iniziative commerciali marittime come la Via della Seta e il Filo di Perla, la prima indirizzata alla penetrazione nel Mediterraneo, la seconda nell’Oceano Indiano. La seconda è quella che maggiormente preoccupa gli USA. Sono entrambe figlie della dottrina di Xi Jingping che ha scalzato quella di Deng ed è diventata quella ufficiale del partito comunista cinese”.
La priorità degli USA di Biden è nell’Indo-Pacifico. I dossier ancora aperti – Il Tazebao
Oltre alla Cina c’è una reale possibilità di scontro con la Russia?
“Lo vedo altamente probabile. Quantomeno come proxy war nel breve o medio periodo. I punti più sensibili sono Ucraina e Bielorussia, dove gli USA si stanno già muovendo e dove verranno ricollocate le truppe europee al momento dislocate in Afghanistan. E a proposito di quest’ultimo il ritiro degli USA sta già causando dei problemi al confine con la Russia, con cui Biden ha un pessimo rapporto”.
Restando al concetto di impero, indubbiamente il debito verso la cultura latina è incalcolabile e tutti gli Imperi vi attingono a piene mani. Quanto è importante per le classi dirigenti anglosassoni? Quanto perdiamo noi castrando l’insegnamento della cultura classica?
“La Cina ha una sua cultura classica, che conosciamo poco e che dovremmo studiare maggiormente.
Le classi dirigenti USA si abbeverano al patrimonio classico. I politologi USA sanno tutti il greco e il latino, che servono per accedere a questo sapere, indispensabile anche per interpretare la contemporaneità.
Durante gli anni della Guerra Fredda studiavano e analizzavano la Guerra del Peloponneso per capire come mai Sparta (l’URSS) era riuscita a sconfiggere Atene (gli USA). Cito i libri di Luttwack ovvero la “Grande Strategia dell’Impero Romano” e la “Grande Strategia dell’Impero Bizantino”, che meritano di essere letti e riletti, lui che è consigliere del Pentagono dai tempi di Bush padre”.
Biden inherits an Empire tired of being the world’s gatekeeper. How do you rate the start of his mandate?
“Biden is a straw man planted by the strong powers that resented Donald Trump, a president who escaped the schemes and logics of the two great American oligarchies, Democrat and Republican. Trump is a populist and has entered the strand of American populism which, unlike Europe, has a long tradition. Now the elites have re-appropriated power with a straw man that has favoured all the conflicts that have engaged the US in recent years. Of the long-standing politician Biden, I remember a project, when he was still lucid, of dividing Iraq into three areas: an independent Kurdistan, a Sunni state in the centre under the U.S. aegis, a Shiite state more peripheral and absorbed into the orbit of influence of Iran. The project has remained uncompleted both because the Sunni area is the poorest and because Iran’s influence on Shiites is very strong, overflowing. It is not by chance, and in our parts almost nobody says so, that the reconquest of Falluja is due to the Iranian troops, not to the Iraqi ones. At the head of the troops was Qasem Soleimani…”
So, is Biden the right man?
“The aforementioned elites first wanted Harris, but he wouldn’t stand a chance against Trump. Biden is resuming US politics after the four-year interregnum. He will have to restart the politics of chaos, typical of thalassocratic, maritime powers like the US, which have no interest in a stable control of the territory. The goal is to control the coasts and keep trade routes open, they prefer not to engage on land. It was the policy of Athens, partly of Rome, of Byzantium as Luttwak explained. We must not misrecognize, however, the effectiveness of soft power. It is not the America of Clintonian drunkenness, but the penetration of its cultural model, of consumerism, in Italy as in Africa and the world is high and will remain high. Let me give an example. In Nigeria, the Chinese presence is overwhelming on an economic level, and this is also responsible for the growth of the country, where labour costs even less than in China. The Nigerian ruling classes, however, study in London and the United States and meet the Anglo-Saxon ruling class”.
The discontinuity with Trump is clear. The tycoon had attempted an albeit partial re-composition of the Middle East puzzle with the Abraham Accords, had broken and then recomposed with Korea, had good relations with Putin.
“Trump is essentially a merchant and has been a proponent of a mercantile policy that needs agreements, stability, good relations to work. Think about North Korea. Up to a certain point he raised tensions and then the photo of Kim and Donald together came out. A trade negotiation was established between the two and in the end the North Koreans trusted Trump, Biden did not. It is not to be excluded that he would have tried some re- composition with Iran as well. After all, the killing of Soleimani, who could realistically have become president, favoured the Iranian power centres.” More than the Middle East, the U.S. focus has shifted to the Indo-Pacific. “The United States remains the country with the most important, most structured military apparatus in the world. The budget for military spending is mind-boggling. Now China, after setting up its military on mass leverage for decades, is setting up a high-tech army with elite troops. China, however large, has always remained a continental power and in any case confined to its territory. What worries the USA, as said a thalassocratic power, are the maritime commercial initiatives such as the Silk Road and the Pearl Strand, the first one directed to the penetration in the Mediterranean, the second one in the Indian Ocean. The second is the one that most concerns the US. They are both daughters of Xi Jingping’s doctrine that has undermined Deng’s and has become the official doctrine of the Chinese Communist Party”.
Besides China, is there a real possibility of a clash with Russia?
“I see it as highly likely. At least as a proxy war in the short to medium term. The most sensitive points are Ukraine and Belarus, where the USA are already moving and where the European troops currently deployed in Afghanistan will be relocated. And about the latter, the US withdrawal is already causing problems on the border with Russia, with which Biden has a very bad relationship”.
Remaining with the concept of empire, undoubtedly the debt to Latin culture is incalculable and all empires draw on it with both hands. How important is it for the Anglo-Saxon ruling classes? How much do we lose by castrating the teaching of classical culture?
“China has its own classical culture, which we know little about and should study more. The U.S. ruling classes draw their nourishment from the classical heritage. U.S. political scientists all know Greek and Latin, which is needed to access this knowledge, which is also essential for interpreting the contemporary. During the years of the Cold War, they studied and analysed the Peloponnesian War to understand why Sparta (the USSR) was able to defeat Athens (the USA). I cite Luttwack’s books, the Great Strategy of the Roman Empire and the Great Strategy of Byzantium, which deserve to be read and re-read, he who has been an advisor to the Pentagon since the days of Bush Sr”.
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