Altri dazi schiaffati all’India, la quale inizia a fare sul serio: approvati oltre 7 miliardi extra di spese per la difesa. Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao – Non accennano a placarsi le tensioni commerciali tra Stati Uniti e India: bramoso di riaffermare l’egemonia unipolare su tutti i suoi vassalli, Trump ha preso di mira Nuova Delhi e le ha imposto un 25% di dazi in più per il suo rifiuto di smettere di acquistare petrolio russo. Gli americani accusano infatti gli indiani di «finanziare indirettamente la macchina da guerra russa in Ucraina» (quando lo stesso tycoon ha precedentemente fatto mostra di comprendere la posizione di Mosca e all’ONU la missione addirittura si astenne alla votazione della risoluzione di febbraio; non sorprende che il viceministro degli Esteri Sergej Ryabkov abbia ammesso che «la volatilità dell’amministrazione Trump non semplifica il lavoro»); i secondi si difendono menzionando l’esclusivo desiderio di soddisfare il proprio interesse nazionale nel fornire gas a prezzi consoni ai consumatori nazionali e internazionale nel tenerne bassi i prezzi, criticando l’ipocrisia degli Stati Uniti stessi, ma anche dell’Unione Europea, che con la Russia ancora commerciano, e anche in gas. Tuttavia, l’India è passata presto al contrattacco e ha approvato ben 7.6 miliardi di dollari di spese extra per la difesa, specificamente nell’acquisto di missili BrahMos e droni armati e nell’aggiornamento degli S-400 della sua contraerea, di sistemi missilistici come i Barak-1 e i Saksham/Spyder e dei corazzati BMP, nonché dei radar e dell’Unità di Superficie Autonoma Compatta per la Marina. E se all’interno si fanno sempre più insistenti le voci che chiamano a un riavvicinamento con la Cina, Trump si trova pressato “spontaneamente”, cioè senza bisogno dei dazi, anche dall’alleato israeliano: un articolo decisamente minaccioso pubblicato sul Times of Israel afferma apertamente che la riapertura del caso Epstein è «la dimostrazione che non conviene mettersi contro Israele», suggerendo abbastanza fuor di metafora un collegamento tra questo evento e la percepita debolezza del Pentagono nel sostegno politico e militare a Israele riguardo alla guerra in Palestina e a quella di giugno contro l’Iran. (JC)

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