Il Tazebao – Il sostegno turco e la revoca progressiva di tutte le sanzioni da UE e USA, con una crescente legittimazione a livello sia regionale che internazionale: parrebbe andare tutto bene, almeno esteriormente, per la “nuova” Siria di Al-Sharaa, ricevuto da Trump in persona nonostante la taglia sulla sua testa sia ancora attiva dai tempi di Al-Qaeda. Eppure, la mancanza del tassello israeliano lascia il mosaico incompleto. Damasco vorrebbe riallacciare le relazioni con Israele, ma per Tel Aviv anche quello di Hayat Tahrir al-Sham è, spregiativamente, un “regime”. Peggio ancora se, mentre le truppe di terra sono impegnate a fronteggiare la guerriglia palestinese a Gaza e la contraerea è sempre più in difficoltà a causa dei missili yemeniti (l’ultimo approntato riesce persino a colpire e far danno anche esplodendo a mezz’aria, aggirando il problema delle intercettazioni), una salva parte addirittura dal sud della Siria stessa, rievocando i mesi scorsi in cui Assad faceva abbattere quelli sul Golan ancora siriano. Dalla città di Daraa sarebbero quindi partiti una serie di missili a medio raggio diretti contro il nord di Israele, atterrati però in un’area deserta e senza, quindi, alcuna conseguenza, tranne il contrattacco di rappresaglia israeliano, che distruzioni e vittime ne ha invece provocate. Nessuno ha, per il momento, rivendicato l’azione, ed è al vaglio l’ipotesi che si tratti di un attacco coordinato con gli Ansarallah yemeniti. Toglie ogni dubbio il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz: Al-Sharaa è «direttamente responsabile» per ogni minaccia e attacco allo Stato ebraico. Una responsabilità difficile da adempiere per il fu Abu Mohammad al-Jolani, che non controlla ancora neanche l’interezza del territorio del suo Paese. (JC)

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