8 luglio 1853 – Imperialismo USA nel Pacifico: le navi nere di Mattew Perry abbattono lo Shogunato

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Una data centrale nella storia del Giappone perché segna il crollo del sistema feudale e getta le basi della modernizzazione.

“Il Giappone, con la sua organizzazione feudale basata sulla proprietà fondiaria (…), ci dà un’immagine di cosa sia il Medioevo migliore dei nostri libri di storia”. Lo scrive Marx in una nota al primo volume de Il Capitale. E così effettivamente è stato fino all’8 luglio 1853 quando inizia una transizione irreversibile per il Sol Levante che si concluderà con la cancellazione del plurisecolare isolazionismo e del sistema feudale, fatti che germinano non per cambiamenti in seno alla società nipponica ma per la pressione esterna.

Le potenze occidentali erano avviate ad un pieno sviluppo capitalistico – e per riprendere un concetto caro a Marx sempre più a rischio crisi di sovrapproduzione – e dovevano cercare nuovi mercati, che individuano principalmente nelle colonie. In Africa e in Asia. Di contro il Giappone era rimasto chiuso ermeticamente nei suoi confini da due secoli, un periodo che ha coinciso invero con una incredibile fioritura culturale. L’unico porto aperto al mondo esterno era quello di Nagasaki, affidato ai mercanti olandesi.

Capitanate dal Commodoro Mattew Perry e su ordine del presidente Fillmore – con l’annessione della California l’America si era espansa stabilmente verso il Pacifico – le Navi Nere, ovverosia la Mississippi, Plymouth, Saratoga e Susquehanna, entrano nella baia di Edo, oggi Tokyo. L’ingresso di questi giganti marini, neri sia per il colore sia per la coltre di fumo emessa, è il colpo di grazia per lo Shogunato. La missione di Perry si rivela un successo totale perché i porti di Shimoda e Hakodate vengono aperti all’esterno. Nel primo di questi sorge anche il primo consolato USA.

Nonostante una transizione apparentemente brusca il Giappone mostra una notevole malleabilità e grazie alla ritrovata autorevolezza dell’Imperatore, che intuisce la necessità di adattarsi per resistere alla concorrenza delle altre potenze, incorpora i cambiamenti e orienta la trasformazione industriale del Paese.

Le nuove ambizioni del Giappone

In questa temperie Puccini ambienta l’incontro tra Pinkerton e Chocho-san. E non è un caso che il Giappone si occidentalizzi al punto tale da diventare a sua volta una potenza coloniale, erodendo territori alla Cina, fino a scontrarsi, con successo, con un’altra potenza nascente, la Russia pre-rivoluzionaria, anch’essa in via di industrializzazione.

Di quel conflitto, culminato con l’immane carneficina di Mukden (1905), ne dà un resoconto dettagliato e spiazzante Luigi Barzini, inviato del Corriere della Sera, che intuì come quella già fosse una guerra di massa e che ciò che succedeva così lontano sarebbe successo anche in Europa. Poco dopo.

È il 12 marzo. Il rombo del cannone si fa ancora sentire, sebbene lontano, verso nord. Ma la terribile battaglia si può considerare finita. Attorno alla sacra, vecchia capitale della Manciuria è tornato l’antico silenzio. Anzi, una quiete più che mai profonda alita sopra le deserte fumanti rovine e sui distrutti villaggi popolati da una funebre folla di cadaveri senza numero.¹


1. Luigi Barzini, Corriere della Sera del 24 marzo 1915. Testo citato in “Specchi di guerra” (Laterza, 2009) di Oliviero Bergami.

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