Il 18 febbraio è un giorno importante per Firenze. In questo giorno, infatti, si commemora un personaggio che noi fiorentini dovremmo ricordare sempre con grande gratitudine.
Se infatti la nostra città è quello splendido diamante che tutto il mondo ci invidia, il merito è principalmente suo, della Principessa Anna Maria Luisa (o Lodovica) de’ Medici, meglio conosciuta come l’Elettrice Palatina, deceduta in un’ala di Palazzo Pitti, per “un’oppressione al petto”, il 18 febbraio del 1743. Si deve infatti a lei, ultima rappresentante del ramo granducale della gloriosa Casata de’ Medici, che in quasi quattro secoli di governo aveva trasformato il capoluogo toscano in una città opulenta oltreché in una capitale di rango europeo, se Firenze non ha subite le spoliazioni che avvengono ad ogni mutazione di governo o di casa regnante.
Anna Maria Luisa nacque l’11 agosto del 1667, secondogenita nonché unica figlia femmina del Serenissimo Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici e della di lui consorte, la bisbetica e bizzosa Margherita Luisa d’Orleans, figlia del Duca Gaston Jean Baptiste d’Orleans, terzo ed ultimo figlio di Enrico IV di Francia e di Maria de’ Medici.
Difficilmente nella storia possiamo trovare una coppia peggio assortita di questa, direi addirittura mal sposata: tanto bigotto, baciapile, puntiglioso, timido e formale era lui, quanto estroversa, maliziosa, festaiola, egocentrica, bisbetica e bizzosa era lei. Fu incurante di tutto e di tutti, persino dei tre figli che il suo dovere di Granduchessa le impose di mettere al mondo con quell’uomo che lei disprezzava perché impostole come marito dalla ragion di Stato e soprattutto dalla volontà del Re Sole, a discapito di pretendenti ben più prestigiosi, come in primo luogo l’affascinante Duca Carlo di Lorena.
Margherita Luisa non accettò mai sia di vivere a Firenze, città da lei considerata non all’altezza del suo rango, sia di inserirsi nella corte medicea, considerata gretta e provinciale a confronto di quella di Versailles donde proveniva. Nonostante la benevolenza e l’affetto del suocero Ferdinando II, che non mancò mai di viziarla con generosi e preziosi doni, per ripicca, contro i suggerimenti dei medici di corte, non perse occasione per mettere a repentaglio le sue gravidanze partecipando a balli forsennati, ad estenuanti cavalcate, ed a battute di caccia, col rischio persino d’abortire. In tutto questo la piccola Anna Maria Luisa fu da lei affidata alle cure di uno stuolo di balie, governanti e istitutori che cercarono di supplire alla meno peggio al suo più assoluto disinteresse nei confronti della figlia, culminato nel 1675 col rientro definitivo di Margherita Luisa a Parigi, senza che da quel giorno quest’ultima avvertisse il minimo desiderio di rivedere la prole e tanto meno l’odiato marito.
Per fortuna però la bambina trovò sia nella nonna, la Granduchessa Vittoria della Rovere, sia nel padre Cosimo III, che ebbe per lei un affetto sincero, tutte quelle attenzioni e quell’amore necessari a farle trascorrere un’infanzia e una giovinezza tutto sommato felici in riva all’Arno.
Quando ebbe raggiunto l’età da marito, il padre, nell’intento di accrescere il prestigio internazionale di casa Medici, riuscì a darla in sposa al Principe Giovanni Guglielmo di Wittelsbach – Neuburg, Elettore Palatino e signore di vasti ed importanti territori sparsi lungo il corso del fiume Reno, noto per essere uno dei personaggi più influenti dell’allora mondo germanico. Il matrimonio venne officiato per procura nell’aprile dell’anno 1691. La novella sposa, accompagnata da un seguito degno di una sovrana, oltrepassate le Alpi dal Brennero, incontrò per la prima volta il consorte nella città austriaca di Innsbruck.
Cosa più unica che rara nei matrimoni regali del tempo, tra Anna Maria Luisa e Giovanni Guglielmo fu amore a prima vista. Dotata di una corporatura alta e slanciata, coi folti capelli neri, gli occhi profondi e dolci, la principessa medicea, grazie anche ai comuni interessi come l’amore per la musica, per l’arte, per la letteratura, per il collezionismo, incantò subito il marito che si innamorò sinceramente di lei.
La fiorentina non faticò neppure ad integrarsi nella sua nuova Corte, nella città di Düsseldorf, attorniata da nobili e funzionari che da sempre esercitavano proprio quell’arte della mercatura, che aveva reso i Medici conosciuti e stimati in ogni parte del mondo.
Dopo aver imparato perfettamente a leggere ed a scrivere in lingua tedesca, l’Elettrice Palatina entrò completamente nel cuore dei suoi sudditi, coi quali condivideva l’amore per le pietanze, le usanze e il modo di vivere locali. Dalle numerose lettere inviate ai suoi cari, in primo luogo al padre Cosimo III, ne emerge il ritratto di una donna felice, che aveva imparato ad amare la sua patria di adozione e dalla quale era sinceramente ricambiata.
Rimasta vedova e senza figli, nonostante alcune gravidanze finite male, Anna Maria Luisa nel 1717 decise di ritornare a Firenze, conscia del fatto che probabilmente per la sua plurisecolare Casata erano ormai arrivati gli ultimi giorni.
Dopo la prematura morte del fratello maggiore Ferdinando, il Gran Principe di Toscana, stroncato dalla sifilide contratta in una scorribanda al carnevale di Venezia del 1696, probabilmente dopo una notte d’amore con la bella cantante Vittoria Tarquini detta “la Bambagia”, non le rimanevano infatti che l’anziano padre ed il fratello minore Gian Gastone, anch’egli, come già Cosimo III, vittima di una pessima scelta matrimoniale che lo lasciò solo, infelice e senza discendenza.
Così, in mezzo ai giochi politici delle potenze di allora, Francia, Spagna ed Austria, Firenze e la Toscana furono dapprima assegnate al Principe Carlo di Borbone, figlio di Filippo V Re di Spagna ed Elisabetta Farnese, ed in seguito, quando quest’ultimo cinse la corona di Re di Napoli, alla Casata dei Lorena nella persona del Duca Francesco Stefano che, a sole due settimane di distanza dalla morte di Gian Gastone de’ Medici, nel luglio del 1737, si fece riconoscere dal Senato Fiorentino, senza mai mettere piede in città, il titolo di ottavo Granduca di Toscana. Un Lorena, proprio un Lorena discendente del suo amato Carlo, sul trono che era stato dell’odiato marito Cosimo III. Bizzarra vendetta postuma della bizzarra Margherita Luisa d’Orleans!
Anna Maria Luisa visse con amarezza e sovrano distacco gli ultimi anni della sua vita. Una sola cosa le stava veramente a cuore, che i nuovi arrivati non disperdessero e depredassero la sua incredibile eredità personale, composta, fra l’altro, dalle eccezionali collezioni di quadri e statue esposte in Palazzo Pitti, agli Uffizi e nelle numerose Ville Medicee disseminate sul territorio della Toscana, da una raccolta di gemme unica al mondo, tra cui il leggendario “Diamante Fiorentino”, da mobili e suppellettili di inestimabile valore, dai preziosissimi libri delle biblioteche Palatina e Medicea, raccolti a partire da Cosimo il Vecchio Pater Patriae e dal di lui nipote Lorenzo il Magnifico, da preziosissimi arazzi, da servizi da tavola e da tutto quanto viene conservato ancora oggi nei più importanti musei di Firenze, visitati ogni anno da milioni e milioni di cittadini del mondo.
Volle pertanto, con una lungimiranza incredibile per una donna di quei tempi, che nella Convenzione da lei personalmente negoziata e sottoscritta coi Lorena, il cosiddetto “Patto di Famiglia”, si stabilisse chiaro e tondo che il nuovo Granduca fosse designato come semplice conservatore di quell’immenso tesoro.
In quanto tale “egli s’impegna a conservare per utilità del Pubblico e per attrarre la curiosità dei Forestieri, gallerie, quadri, statue, biblioteche, gioje et altre cose pretiose”, facendo in modo che “nulla sia trasportato o levato fuori dalla Capitale dello Stato”.
Questa è la ragione per cui ancora oggi Firenze può essere considerata orgoglio della nazione italiana, perla della cultura universale e patrimonio di tutto il genere umano. Ed è questa la ragione per cui noi fiorentini dobbiamo essere grati, immensamente grati alla memoria di questa grandissima donna.
Riposate in pace, Vostra Altezza Elettorale, e grazie per tutto quello che avete fatto per la nostra Firenze.